Villa Mirabello

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nella via omonima, situata di poco a nord del viale Marche, nei pressi di viale Zara, si trova la quattrocentesca Villa Mirabello.
Non vi sono dati certi sull'origine del nome di questo gioiello architettonico; pare che gli venga da un'antica famiglia.
Quella che una volta era una dimora isolata in aperta campagna è oggi una villa raccolta in un giardino, che fa riecheggiare un fruscio di fronde ed un pigolio d'uccelli.
Il complesso in cotto conserva ancor oggi le sembianze imposte da Pigello Portinari, nobile fiorentino, gestore generale delle rendite del ducato e factotum dei Medici a Milano, morto nel 1468.
Questi si fece probabilmente aiutare dal conterraneo Michelozzo Michelozzi, cui aveva già commissionato la celebre Cappella Portinari in Sant'Eustorgio, e qualche lavoro nello scomparso Banco Mediceo (anch'esso sito nel centro città), quali ad esempio i capitelli di sarizzo, analoghi ad alcuni che si trovano sulla villa. Certo invece fu il contributo di Bartolomeo da Prato, allievo del bresciano Vincenzo Foppa, che fece da supervisore ai lavori.
Pigello Portinari non potè però vedere finita la costruzione della villa, in quanto essa terminò nel 1470, sotto il controllo del fratello di Pigello, di nome Azareto.
Il nuovo proprietario, alla fine del Quattrocento, fu Antonio Landriani. Finanziere, prefetto dell'erario ducale dal 1474, presidente della zecca dal 1477, si può dire che fu l'ombra di tutti gli Sforza succedutisi ininterrottamente al timone della città, fino a quando, con l'esercito francese alle porte e il popolo in rivolta, fu assassinato mentre usciva dal castello: era il 30 agosto 1499, e il 2 settembre successivo Ludovico il Moro sarebbe partito alla volta dell'imperatore.

Questo fatto ebbe rilievo per la villa per due motivi: primo, perchè tra le molte personalità che gli scrissero, pregandolo di fare ritorno, c'era anche Gerolamo Landriani; costui, primogenito di Antonio e generale dell'ordine religioso degli Umiliati, stava reggendo un governo provvisorio su plebiscito del popolo (e pare che in questo periodo la villa andasse in uso agli Umiliati come luogo di riposo e laboratorio per la manifattura delle lane); secondo, perchè quando nel 1500 il Moro fu di ritorno, con ottomila soldati svizzeri e cinquecento borgognoni, per tentare la riconquista del ducato, si fermò a pernottare proprio a Villa Mirabello.
I proprietari della villa si successero poi nel tempo. All'inizio, essa passò a Giovanni Marino, fratello del famoso finanziere genovese Tomaso, cui si deve l'omonimo palazzo in piazza della Scala. Insieme ad essa, molti terreni fecero la stessa fine, nell'area tra i bastioni e Sesto San Giovanni; oltre a tutto, Tomaso Marino riuscì ad ottenere l'esenzione dalle imposte per questo possedimento (come del resto già aveva ottenuto in tempi precedenti, nel 1468, Pigello Portinari).
In seguito la villa passò ad un'altra nota famiglia nobile milanese, i Serbelloni; indi, per eredità, essa divenne proprietà della famiglia Sola Busca.
Furono questi i momenti più tristi per la villa in quanto dame e cavalieri avevano lasciato il posto a grano e maiali. La villa infatti, verso la fine dell'Ottocento, era stata adibita a cascina, come risulta dalle fotografie dell'epoca, e le sue arcate erano state murate.
All'inizio del ventesimo secolo, la villa divenne di proprietà del conte Girolamo Suardi (rappresentante di un'altra ben nota famiglia del milanese), il quale si propose il restauro dell'edificio per riportarlo all'aspetto originario di residenza nobiliare, secondo un progetto dell'architetto Perrone.

L'interruzione dei lavori, già a buon punto, avvenne nel 1916 a causa delle vicende belliche. In seguito due restauri, di Evaristo Stefini prima e di Ambrogio Annoni poi, ridiedero dignità a questa storica dimora, e ne fecero la Casa di Lavoro per i Ciechi di Guerra, istituzione ideata dall'Ufficiale Medico Francesco Denti, che aveva assistito agli scontri sull'Isonzo. La Casa ospitava un convitto, laboratori artigianali, patronato ed organizzava gite, cure e borse di studio per i figli.
Dal punto di vista estetico, l'elemento più di pregio sono i finestroni in cotto; gli affreschi purtroppo sono scarsamente visibili, seppure molto validi, sia perchè sbiaditi dal tempo, sia perchè interni. Di particolare rilievo, nel piccolo oratorio, l'affresco quattrocentesco raffigurante un santo che innalza una croce.
Le aggiunte quali la scala e il balcone sulla facciata, la fontana e la doppia loggia sul cortile sono in stile e quindi non turbano più di tanto il quadro d'insieme che, come si nota dalla fotografia riportata in copertina, ha una connotazione di grande armonia.
Nei pressi della villa passava il torrente Seveso, il cui percorso, seppure il corso d'acqua sia stato nel frattempo coperto, è tuttora facilmente identificabile. Esso coincide infatti, nel tratto preso in considerazione, con la via Tullio Morgagni e con l'ameno giardinetto sito in piazzale Farina, verde spiazzo situato proprio dove termina nel suo tratto settentrionale la via Villa Mirabello.
 

Villa Mirabello si trova nella parte nord della città, tra piazza Carbonari e piazzale Istria, e può essere raggiunta con il tram 7, da piazza Castello oppure dalla fermata Zara della M3; occorre poi percorrere un breve tratto a piedi.